venerdì 2 luglio 2010

AGIAMO PRIMA CHE SERVANO EROI............


di Lidia Menapace

Da Piazza Navona a molte piazze italiane sale veemente e quasi stupefatta la protesta della stampa contro una legge che rendendo di fatto più difficile incerto rischioso costoso il lavoro del giornalista nel cercare notizie, configura una censura preventiva della stampa, cioè un gesto sfacciatamente anticostituzionale. Si potrebbe pensare che la risposta dei giornalisti sia - pur legittimamente - corporativa, a tutela di legittimi interessi di gruppo, lo stesso che alcuni pensano dei magistrati. Da che cosa si capisce che non di pur leciti interessi particolari si tratta, ma di azioni pienamente politiche? Intanto l’appoggio dell’opinione pubblica, che mostra di non essersi lasciata addormentare dai sonniferi berlusconiani, se addirittura la stampa di famiglia sta sveglia. Se il presidente del consiglio andasse meno in giro e fosse un po’ più attento alle cose di casa, si accorgerebbe di quanto è caduta la considerazione del suo governo: Gasparri ha smesso il suo permanente sorriso, Cicchitto si arrabatta usando i resti della sua un tempo non trascurabile intelligenza, Fini rincula protestando, il sindaco di Roma vorrebbe sbattersi con la sua auto contro i caselli autostradali sul raccordo anulare, benevolmente assolto da Bossi che non sa più con quale dei suoi ministri sta, il vecchio democristiano rotto a tutti i cabotaggi dice e non dice, persino il governatore della Lombardia infine tace. E lui va a Panama: che va a fare a Panama? Ci sono lavori e appalti e allora Berlusconi accompagna le ditte italiane.
Che ci sia di mezzo qualche appalto dell’Impregilo, l’impresa di quell’ex ministro che è solito fare «favori, piaceri; e che male c’è?» (così dice lui) al cardinale Sepe, e ad interessarsi dell’immenso patrimonio immobiliare vaticano? se si sfrucuglia poco poco lì in mezzo non si sente profumo di gigli, né di rose mariane di certo. Il fatto è che intanto si è risvegliata la lotta operaia, in condizioni durissime, sotto i colpi di Marchionne per il quale nella lingua italiana ricatto si dice trattativa. Bene: quella “trattativa” lì è stata riconosciuta e respinta dagli operai di Pomigliano, anche se alcuni sindacati erano già dichiaratamente pronti a diventare corporazioni dell’arbitrato obbligatorio, anche se un ministro del lavoro ex socialista guarda con commiserazione la Cgil considerandola un relitto del Novecento (fosse vero, il Novecento è il secolo dell’autunno caldo!): abbiamo bisogno di loro, forse loro hanno anche un po’ bisogno di noi, e per questo serve un sindacalismo vero, delle politiche senza incertezze, dei giornali che informino: chi può dimenticare le facce, le braccia, le spalle affaticate ma non chine di Pomigliano? E il sorriso da Giuda di Marchionne che ridicolizza lo sciopero «per vedere la partita». Abbiamo bisogno che ci arrivino tutte le notizie delle lotte di fabbrica, degli uffici, delle scuole, nei tribunali, negli ospedali, nelle università, nelle carceri, nei trasporti: non servono eroi, vogliamo agire prima che servano eroi. Ed è ancora possibile. Siamo ancora a tempo.

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