giovedì 15 aprile 2010

EMERGENCY:IL SEME DELLA PACE

«Noi stiamo con Emergency» gridano molti italiani, esprimendo stupore, dolore, indignazione, ribellione, mobilitazione. Saremo in tantissimi con Emergency, sabato, a Piazza Navona; ma siamo idealmente in tantissimi in queste ore, in quell’ospedale di Lashkar Gah, quell’ospedale «in prima linea in cui si sfida la morte per salvare le vite» come ci ha narrato Daniele Mastrogiacomo. In cui si sta con le afghane e gli afghani da far vivere, da ricucire; con bambine e bambini a cui ancora può essere dato il dono di riprendere a camminare, a correre barcollando, inseguendo un pallone, un aquilone. Siamo orgogliosi che medici, infermieri, volontari italiani permettano ad azioni di pace, di diplomazia tra popoli, di condivisione etica, di aprire spiragli di luce, di umanità, di futuro nella cupa barbarie di guerre imperiali. Il ministro della difesa ha ieri sentenziato, con una espressione truce che gli sfregiava il viso, «state sempre dalla parte dei terroristi». Noi siamo, signor ministro, con orgoglio dalla parte di Emergency, perché vogliamo liberare la pace. Perché la presunta democrazia che dite di volere lì portare è solo un genocidio imposto dalla Nato in combutta con i «signori della guerra». Perché la vostra guerra diventa più crudele e assassina quanto più fallisce anche gli obiettivi di conquista del comando militare assoluto sul territorio. Vogliamo pronunziare parole nette, dopo le sconcie allusioni dei governanti italiani e le porcherie pubblicate dai giornali della destra: l’attacco a Emergency è il frutto avvelenato dell’“operazione Moshtarak”, una strage Nato che si illude di conquistare militarmente un territorio che mai potrà essere conquistato con le armi (come ci aveva già spiegato Federico Engels). Il bersaglio dell’operazione Nato sono le popolazioni; il bersaglio diventa Emergency perché cuce e ricuce corpi, tesse pacificazione invece di portare morte; e perché nello stesso tempo è testimone del massacro, spalanca le porte alla verità. Chi bombarda, chi uccide, chi massacra ogni giorno donne, bambini, uomini disarmati non ammette testimoni; non tollera chi non si schiera; chi considera la guerra un paradigma fondativo di un «nuovo ordine mondiale” ha bisogno di incendiare serbatoi di odio e non sopporta chi, fra quelle fiamme, fra quei roghi, porta amore e pace con la sua pratica quotidiana. Intimoriscono con brutalità la presenza dei volontari pacifisti perché vogliono chiudere questa anomalia, vogliono accecare lo sguardo perché nessuno sappia che a Kunduz le bombe “intelligenti” del premio Nobel per la pace presidente Obama hanno massacrato 140 donne e bambini e, ieri, a Kandahar 4 civili in un bus, tra cui un bambino di cinque anni (certamente un futuro terrorista...). E’ un quotidano stillicidio di morte. Siamo preoccupati perché stanno tentando di smantellare, di chiudere l’ospedale di Emergency. In queste ore esso è occupato militarmente dalla Nato e non è più in grado di funzionare. Il governo italiano, che riteniamo corresponsabile delle stragi in Afghanistan, snocciola parole che suonano menzogna: legalità, garantismo, democrazia. Ritirino invece, le truppe; pretendano che Matteo Pagani, Marco Garatti e Matteo Dell’Aira siano subito liberati e che ritornino al proprio splendido e coraggioso lavoro in un ospedale da loro gestito. Credo che sabato, a Piazza Navona, risorgerà un movimento contro la guerra che si era appannato, anche per nostre responsabilità. Sì, «noi stiamo con Emergency».

di Giovanni Russo Spena

Nessun commento: