martedì 28 luglio 2009

IL PRC SARA' PRESENTE

Ringalluzzito dalle “magnifiche sorti e progressive” delle infrastrutture targate Berlusconi, Pietro Ciucci – amministratore delegato della società “Stretto di Messina Spa” e commissario speciale incaricato dal governo per sovrintendere alla costruzione del Ponte – ha prospettato per Gennaio 2010 gli inizi dei lavori e per il 1° Gennaio 2007 l’apertura al traffico del ponte medesimo.
Sorvolando sull’ambizione dell’impegno (l’ANAS da decenni prova ad ammodernare la Salerno-Reggio Calabria senza grandi risultati, figuriamoci se riuscirà a costruire il ponte in meno di 7 anni…), rimane la protervia e l’ostinazione di una Governo che – sotto la pressione di lobby imprenditoriali varie – ritiene necessario investire ingenti risorse pubbliche in un’opera inutile dal punto di vista economico e dannosa sul piano socio-ambientale.

Le ragioni per opporsi ad una tale gigantesca opera sono tante e di diversa natura. Giova ripeterle, nella persuasione di fondo della giustezza delle nostre opinioni e della durezza dei fatti.

Ragioni ambientali, innanzitutto. Messina e Villa S.Giovanni, in senso largo, conosceranno una distruzione del proprio territorio, e i numerosi cantieri renderanno impossibile – dal punto di vista qualitativo e del benessere psico-fisico – la vita dei cittadini residenti. Alcuni dati per capire il devastante impatto ambientale e urbanistico. Il progetto del Ponte prevede sulle sponde di Scilla e Cariddi due torri alte 376 metri, che poggiano su quattro piloni del diametro di oltre 50 metri, rette da quattro tiranti di acciaio per un peso totale di 166.600 tonnellate. La realizzazione del Ponte e delle opere connesse comporterà un fabbisogno complessivo di materiali pari a 3.540.000 metri cubi; e una produzione di materiali provenienti dagli scavi per un totale di 6.800.000 metri cubi. I lavori causeranno un continuo dissesto idrogeologico per lo scavo di fondazioni e ancoraggi a circa 50 metri di profondità in terreni friabili e sabbiosi e sulla costa di Scilla anche per lo sfondamento di una montagna per una galleria di 3,3 Km.
Ragioni anti-sismiche, in secondo luogo. Il progetto interessa una delle aree sismicamente più attive del Mediterraneo centrale; tuttavia gli elevati rischi sismo-tettonici non risultano ancora quantificati. Lo Stretto è collocato lungo un sistema di faglie che vincola il blocco siciliano e quello calabrese, all’interno di una zona crostale tra le più dinamiche del mondo. Al di sotto di queste regioni, infatti, si realizza da milioni di anni l’incontro-scontro tra la placca africana e quella europea. Dati recenti sembrano indicare che la Sicilia si allontana dalla Calabria di 1 cm all’anno. Di conseguenza, vi è tale incertezza fra gli esperti sismologi, in merito alla pericolosità del Ponte in caso di terremoto, che un semplice principio di precauzione – da solo – suggerirebbe l’abbandono del progetto. In un territorio dall’altissimo rischio sismico, quale quello calabrese, le risorse dovrebbero essere destinate alla messa in sicurezza del patrimonio ambientale e architettonico, dovrebbero garantire la tutela di intere comunità potenzialmente a rischio distruzione, altro che Ponte sullo Stretto!
Ragioni trasportistiche, in terzo luogo. Le esperienze recenti a livello internazionale in tema di redditività dei collegamenti stabili non sono certamente incoraggianti. Un caso esemplificativo su tutti: l’Eurotunnel, il traforo sotto il Canale della Manica, dopo essere costato ai privati 14 miliardi di euro e, indirettamente, ai poteri pubblici altri 20 miliardi, nel corso degli anni ha accumulato miliardi di debiti. Tutti i dati, di fatto, convergono sull’assoluta anti-economicità di un’opera che – per ammortizzare il grande investimento effettuato – avrà bisogno di tassi di traffico e di movimentazione assolutamente sproporzionati rispetto all’attuale tessuto produttivo dell’area. Con la conseguenza – facilmente prevedibile – che nessun privato vorrà impegnare capitali propri in un investimento dai margini di profitto assolutamente dubbi ed incerti, e che sarà lo Stato a pagare i 6 miliardi di euro previsti (che sicuramente lieviteranno nel corso degli anni, mentre al momento ce ne sono soltanto 1,3) utilizzando prestiti e obbligazioni sul mercato finanziario e indebitando ulteriormente i contribuenti italiani per decenni.

Infine, sullo sfondo ma con un ruolo di protagonismo assoluto, le infiltrazioni mafiose, la “longa manus” di ‘ndrangheta e mafia sull’ingente massa di risorse che saranno attivate con la costruzione del Ponte. Magistrature, forze dell’ordine, commissioni di studio e d’inchiesta: tutti gli organismi di analisi del fenomeno mafioso convergono sull’idea che il Ponte possa costituire un affare senza pari per le forze criminali, stante la pervasività e il radicamento delle cosche mafiose sul territorio calabrese e siciliano.

Da tutto ciò discende la nostra ferma e intransigente contrarietà al Ponte sullo Stretto, una contrarietà di merito, pragmatica e non meramente ideologica, una contrarietà che si nutre di numeri e di fatti oggettivi ancor prima che di ragioni ideali soggettive. Il Sud e la Calabria, letteralmente dimenticati dal Governo Berlusconi, scippati di risorse e di prerogative a tutto vantaggio dell’asse nordista Tremonti-Lega, hanno diritto di godere di serie politiche sociali ed economiche, capaci di progettare uno sviluppo eco-compatibile incentrato sulle risorse ambientali, culturali, antropologiche dei nostri territori e delle nostre genti. Infrastrutture stradali e ferroviarie di base, consolidamento e messa in sicurezza del territorio, valorizzazione delle energie alternative, rilancio del turismo e delle attività artigianali, lotta senza sosta alle infiltrazioni mafiose: questo è quello di cui la Calabria e il Sud hanno realmente bisogno, investiamo in questi settori le risorse che saranno richieste dal Ponte!

Per tutti questi motivi, sabato 8 Agosto Rifondazione Comunista – ad ogni livello – sarà presente alla grande manifestazione della Rete No Ponte che si terrà a Messina, nella convinzione che si tratti di un primo significativo passo nella ri-costruzione di un movimento di popolo che – negli anni scorsi – ha già dato prova della sua forza di mobilitazione e della sua capacità di egemonia. L’8 Agosto a Messina, insieme a tante altre forze della politica, del sindacato, dell’associazionismo, ecc. vi sarà anche la partecipazione del PRC di Reggio Calabria, nell’auspicio che calabresi e siciliani sappiano muoversi insieme in questa battaglia di civiltà, che sappiano costruire un “Città Metropolitana” del comune sentire e del comune agire.

Dobbiamo amare la nostra terra e la nostra dignità di meridionali: il NO al Ponte è il simbolo di un Sud che non si lascia più colonizzare, di un Sud che vuole essere protagonista autonomo di un nuovo modello di sviluppo




Il Segretario Provinciale PRC
Antonio Larosa

1 commento:

Anonimo ha detto...

La data è sbagliata l'8Agosto sono tutti in ferie,la finalità è imortantissima,la gente muore di fame e si fa kilometi di cemento,roba da pazzi!!!